mercoledì 30 dicembre 2009

Io chi sono?, Daniele Bossari, ed. Mondadori, 2009


No, cari lettori, non è un refuso. So che l’accostamento è palesemente eretico, ma stampato sotto il bel – si fa per dire – faccione di Franco c’è proprio il nome di Daniele Bossari. Per chi non abbia familiarità col personaggio, si tratta – ebbene sì – del veejay nonché conduttore di una decina di programmini non proprio elevati che come dice la quarta di copertina, forse in concomitanza con la conduzione di Mistero, si è interessato all’esoterismo e alla filosofia orientale.

A suo favore c’è da dire che il buon Bossari si è ben documentato prima di incontrare Battiato in quel di Milo, ridente paesino alle pendici dell’Etna. Per di più il mio cantautore preferito non è certamente la persona più semplice da intervistare, né quella che si attira subito le simpatie del telespettatore che si imbatta per un tragico errore in una sua intervista.

Le intenzioni sono buone, ma l’intervistatore sembra più interessato a sciorinare le proprie citazioni dai grandi poemi epici dell’induismo per seguire il filo logico – quando esistente – degli eventi raccontati da F.B., come lo chiama lui. E così ho passato la mia giornata di Natale a scorrere questo centinaio di pagine dedicate alla meditazione, al perseguimento della serenità e a varie correnti di Buddhismo e Sufismo cercando di godermi gli aneddoti bislacchi del Maestro che per me sono sempre motivo di gioia.

Lo spazio non è ovviamente sufficiente a trattare gli argomenti con la dovuta attenzione (nelle intenzioni dell’autore il glossarietto in appendice dovrebbe sopperire a tale mancanza), ma chi ha ascoltato almeno una volta i testi più meditativi di Battiato può trarre nuovo piacere dal rileggerli alla fine di ogni capitolo. Vi lascio dunque con il testo e il video di “L’ombra della luce” (tratta da “Come un cammello in una grondaia”, EMI, 1991), che probabilmente pecca in simmetria, ma rende perfettamente l’idea della ricerca spirituale della perfezione da parte del cantautore siciliano:

Difendimi dalle forze contrarie,
la notte, nel sonno, quando non sono cosciente,
quando il mio percorso, si fa incerto,
E non abbandonarmi mai...
Non mi abbandonare mai!
Riportami nelle zone più alte
in uno dei tuoi regni di quiete:
E' tempo di lasciare questo ciclo di vite.
E non abbandonarmi mai...
Non mi abbandonare mai!
Perchè, le gioie del più profondo affetto
o dei più lievi aneliti del cuore
sono solo l'ombra della Luce,
Ricordami, come sono infelice
lontano dalle tue leggi;
come non sprecare il tempo che mi rimane.
E non abbandonarmi mai...
Non mi abbandonare mai!
Perchè, la pace che ho sentito in certi monasteri,
o la vibrante intesa di tutti i sensi in festa,
sono solo l'ombra della Luce.



domenica 27 dicembre 2009

Q, Luther Blissett, ed. Einaudi, 1998


Una spy story che copre 40 anni, dal 1517, anno dell’affissione delle tesi di Lutero a Wittenberg, all’elezione di Paolo IV nel 1555. Un romanzo di cappa e di spada che fa rivivere nei dettagli minuziosamente descritti uno dei periodi più rivoluzionari della storia della cristianità. Un protagonista che non ha nome, che è uno e nessuno, o forse solo la voce collettiva degli umili e dei disperati che cercano riscatto dalle sopraffazioni quotidiane del potere, allo stesso modo in cui molteplice è la voce degli autori nascosti sotto lo pseudonimo Luther Blissett.

Il filo conduttore è la rivolta, in origine di Lutero, contro l’autorità papale. La storia si apre con due narrazioni parallele avvenute a distanza di qualche anno l’una dall’altra. Il protagonista si muove sullo sfondo delle dispute teologiche tra la Chiesa, Lutero e le correnti più radicali che hanno subodorato l’accordo tra questi e Roma. Dopo Lutero è l’ora degli anabattisti, che fanno presa sulle masse contadine e dei disperati per dare vita alla vera rivoluzione, un rovesciamento carnevalesco dei ruoli di potere che aspetta soltanto una guida per prendere corpo. Per un breve periodo gli insorti proclamano il regno di Münster, prima che l’assedio e una nuova sconfitta non facciano fallire il piano ed emergere la barbarie dall’anarchia, riconsegnando la città alle forze papali.

Il bersaglio si sposta sempre più in profondità, dai dogmi di facciata della Santa Chiesa alle banche dei Fugger, senza il cui credito le corti europee non avrebbero potuto finanziare alcuna guerra, crociata o Inquisizione. Il racconto in prima persona prosegue di porto in porto per la Germania e le Fiandre fino a Venezia, sconfitta dopo sconfitta, inframmezzato dalle lettere di Q. – Qoèlet, una presenza ostile introdotta fin dalle prime pagine del libro che trama per conto dei circoli papali e si muove nell’ombra seguendo ogni mossa del protagonista. Fino alla resa dei conti, quando i due si troveranno faccia a faccia, spinti da una forza irresistibile che li porta a cercarsi e finalmente a trovarsi; la forza della verità; la necessità della vendetta e di un’espiazione, da una parte e dall’altra. L’intuizione migliore del libro sta proprio nella vicinanza delle due figure. Una che ricerca l’azione spinta dai propri ideali, l’altra che esegue freddamente e consapevolmente le consegne che le giungono da Roma. Entrambe sperando di trovarsi dalla parte giusta.

Il rischio per il lettore è invece di perdersi tra i nomi di tutti i personaggi, minori e non, che vengono in contatto con il protagonista (o viceversa), ma nonostante la minuziosa ricostruzione storica o forse proprio grazie al lungo lavoro di documentazione che ne precede la stesura, Q è tutt’altro che un esercizio di stile o un romanzo storico. I dialoghi non sono mai banali, il linguaggio è incredibilmente vario e abbraccia ogni registro; la lettura ovviamente non può essere uniformemente agile per tutte le 600 pagine, ma una volta preso il ritmo è più che piacevole anche per chi non ama la ambientazioni storiche – anche le scene pulp si apprezzano volentieri e danno un sapore antico alla storia. E poi la comune ante litteram di Anversa a metà del libro è una boccata di freschezza in mezzo alla narrazione cruenta che precede e segue l’episodio.

La lettura procede su più livelli – la storia di spie, il romanzo storico e quello epistolare, il piano teologico e la chiave di lettura moderna di un’epoca storica in cui vediamo riflessi tali e quali gli errori e le nefandezze cui si assiste a distanza di 500 anni. Anche chi non lo ha amato non può fare a meno di riconoscerne il valore.