giovedì 12 novembre 2009

Paco Roca, Rughe, ed. Tunué, trad. di Alessandra Papa





Generalmente parto prevenuta coi fumetti; non voglio ammettermelo, ma sotto sotto li considero un'arte inferiore, penso perfidamente che sia impossibile che arrivino al livello della cosiddetta letteratura con la elle maiuscola. Ci sono stati alcuni fumetti che ho letto che hanno smentito questa mia posizione così radicale, come Maus, come Persepolis, ma erano delle mosche bianche in mezzo a una grande marmaglia di cose che invece non mi piacevano affatto. Allora quando vedo un fumetto anticonvenzionale (rispetto alle convenzioni fumettistiche in voga) m'interesso. Ecco, e questo è il caso di "Rughe", di Paco Roca.I suoi disegni sono semplici e lineari, nessun polpettone d'immagini e scritte scardinate di qua e di là; poche sequenze, grandi spazi, linee chiare. Nessun supereroe, ma persone reali, normali, anzi quasi marginali nella vita reale. Di certo non è la trama quello che attrae di questo libro perché a dire il vero non succede granchè; è presto detto: un signore anziano malato di alzheimer viene portato in una casa di riposo. Stop. Niente di tragico, però. È tutto narrato con molta leggerezza, quella leggerezza particolare che hanno le cose pesanti, che le leggi velocemente con mezzo sorriso accennato sulla bocca, ma che poi ti si attorcigliano da qualche parte tra la gola e lo stomaco, e stanno lì a lungo, a volte per sempre.
La cosa bella è invece l’idea, il saper disegnare la memoria intermittente, che va e viene e che confonde realtà presente e ricordi. Ci sembrerà strano vedere una signora elegantissima seduta sull’Orient Express in direzione Istanbul, dentro a una casa di riposo… ma poi scopriamo che non è altro che un ricordo. E scopriamo che ogni vecchietto seduto nella sala, immobile, lo sguardo perso nel vuoto, è invece un serbatoio infinito di vita vissuta. Io credo che se fosse stata usata di più, questa bella alternanza fra visione dall’interno dei personaggi (ricordi, situazioni bellissime) e visione dall’esterno (vecchietti infermi in una casa di cura), forse addirittura tutta la storia sarebbe stata raccontata in modo più efficace, invece ci si limita a qualche sprazzo. Comunque i vari personaggi che popolano la casa di cura sono a tratti angoscianti, a tratti teneri e tutti molto infelici. Si sente bene sulla pelle il tempo che non passa mai, il vuoto abissale che la memoria lascia quando se ne va, l’incompresione di chi sta attorno…ma si ridacchia anche molto. Consiglierei questa lettura un po’ a tutti, sì.