martedì 13 gennaio 2009

Il Paese Sotto La Pelle, Gioconda Belli, traduzione di Margherita D'Amico, ed. e/o



Sono molto contenta, oggi, di iniziare il blog e l’anno con questo libro!
Ho scoperto Gioconda Belli per caso, una volta che gironzolavo per poesie in internet e sono finita su questo sito http://amediavoz.com/belli.htm . Sono rimasta intrappolata per un pomeriggio intero nelle sue poesie. Pochi giorni dopo ero già alle prese coi suoi libri.
Ora ho appena finito “Il paese sotto la pelle” e sono ancora frastornata e commossa; è già passata mezz’ora da quando ho chiuso l’ultima pagina e ancora non riesco a riprendermi. È uno di quei libri che ti tirano dentro alla storia per i capelli e che anche quando smetti di leggerli, continuano a fluttuarti negli occhi, a infestarti i pensieri.

È un’autobiografia di una vita incredibile che mescola vita privata a vita politica; l’autrice si racconta, lei che ha partecipato attivamente alla Rivoluzione del ’79 in Nicaragua e faceva parte del Fronte Sandinista contro la dittatura di Somoza. In queste pagine narra sofferte battaglie politiche, storie personali strampalate, vittorie e sconfitte. È infatti, in sostanza, la storia della traiettoria politica, ma soprattutto umana di una donna (molto tosta) con le sue debolezze e la sua tenacia, con la sua umanità e le sue utopie.
Questo libro ha il pregio di restituirci la Storia e la politica come qualcosa di vicino a noi, finalmente si ha l’impressione che la Storia con esse maiuscola passi su di noi, dipenda da noi; finalmente tutto acquista un volto umano. Gli uomini e le donne che hanno fatto la Rivoluzione hanno una faccia, una vita, hanno dei difetti, si divertono, hanno i calzini che si sfilano… tutto sembra vicino, accessibile, comprensibile. E intanto la Storia si compie. E sono loro a compierla. Siamo noi. Camminiamo con loro per le strade di Managua, sentiamo i suoi odori, vediamo i suoi laghi e i suoi vulcani, partecipiamo alle sue lotte.

Non so se lo definirei un “libro impegnato”, non so bene quando la letteratura sia impegnata.
Forse la letteratura è davvero impegnata non quando fa i nomi, non quando denuncia apertamente, ma semplicemente quando risveglia nel lettore un senso civico, quando accompagna silenziosamente una presa di coscienza; quando si ha la sensazione che si sta leggendo un libro che non astrae, che non ti porta in un mondo fatato, ma che ti riporta giù nel mondo reale, che t’infanga i piedi e che ti mostra cose straordinarie e cose di tutti i giorni con altri occhi. Allora sì, in questo senso sì, è un libro impegnatissimo.

Nonostante il dolore di certi passaggi, la drammaticità della clandestinità e la perdita di molti compagni che hanno pagato col sangue la libertà; nonostante la tragicità dei conflitti interiori, degli amori turbolenti e della maternità non sempre facile, è sempre presente un’esuberante e irresistibile voglia di vivere che straripa da ogni parola di ogni pagina, che irrompe nelle sterminate gallerie di personaggi, che si fa quasi tangibile e che resta… resta anche dopo aver finito il capitolo. Anche dopo aver riposto il libro. Anche dopo aver chiuso l’ultima pagina.
Il tutto è naturalmente scritto in maniera magistrale.
Penso che sia un libro da leggere assolutamente perché è una grande lezione, un grande esempio umano per tutte le persone e soprattutto per tutte le donne “in fieri”. In ogni caso, queste poche parole non riescono a restituire l’emozione e il turbamento che questo libro mi ha provocato; temo che non vi resti che leggerlo!

Effetti collaterali:
1) Viene voglia di fare un salto in Nicaragua o in California o dovunque lei sia, per dare un abbraccio a Gioconda.
2) Se lo si legge di sera prima di dormire, i sogni vengono immancabilmente invasi da bellissimi guerriglieri, imboscate, missioni pericolose, incontri con Fidel Castro.


Estratti:

“Avevo diciannove anni quando nacque mia figlia Maryam. Ricordo l’albero di caucciù che si ergeva rigoglioso di fronte al mio letto, nel reparto privato dell’ospedale Bautista. Le sue foglie lucide mandavano lampi verdi e viola sotto i raggi del sole vespertino e si muovevano nella brezza facendomi pensare alle orecchie di un animale preistorico. Ogni volta che mi torcevo per le contrazioni cercavo di rilassarmi contando le foglie, respirando profondamente. Opporre resistenza al dolore era controproducente, dicevano. Volevo essere stoica, un albero che sopportava gli assalti del vento e della pioggia. […]
Non esisteva altro che il mio ventre pulsante.
I medici e le infermiere che di tanto in tanto mi giravano attorno, facevano commenti sulla mia giovane età. Io, invece, mi sentivo antica; parte del molteplice corpo femminile che condivideva, con questo rito di passaggio, il potere delle violente scosse da cui erano emersi il mare, i continenti, la vita.”

“Eravamo folli tutti noi? Quale mistero genetico faceva sì che la specie umana superasse l’istinto di sopravvivenza individuale quando la tribù, la collettività si trovava in pericolo? Qual era la ragione per cui si era capaci di sacrificare la vita per un’idea, per la libertà altrui? Perché l’impulso eroico era tanto forte? Quel che a me sembrava più straordinario era la felicità, la pienezza che c’era nell’impegno. La vita acquistava un senso completo, una meta, uno scopo. Si provava una complicità assoluta, un legame viscerale con centinaia di volti anonimi, un’intimità collettiva nella quale scompariva qualsiasi sentimento di solitudine o di isolamento. Nel lottare per la felicità di tutti, si trovava prima di tutto la propria.”

“Mi rendo conto che la Rivoluzione non è stata per me una semplice escursione fuori dalla mia traiettoria, un viaggio all’altro lato del pianeta. È stata un fatto definitivo che mi ha cambiata per sempre. Allorché decisi di stare accanto a Carlos, venni tormentata più volte dall’idea di star diventando leggera, compiacente, di assumere un comportamento che si suole definire “realista”, di appendere i guantoni al chiodo e rassegnarmi ad accettare di aver perso la battaglia, o nel migliore dei casi, che toccherà ad altri lottare per le nuove utopie. Da questi pensieri, comunque, mi allontanò la realtà stessa della mia vita, che si assunse il compito di insegnarmi che l’impegno non si deve sempre pagare con il sangue, o non sempre richiede l’eroismo di morire sulla linea del fuoco. Esiste un eroismo della pace e dell’equilibrio, un eroismo accessibile e quotidiano che, sebbene non sfidi la morte, ci spinge a sfruttare tutte le possibilità della vita e a viverne non una, ma tante vite contemporaneamente.”

… vabbè basta sennò ci dovrei mettere tutto il libro…

3 commenti:

  1. ecco da dove spunta il nome del bonsai!
    e comunque COLPITA, mi hai fatto venire una gran voglia di leggerlo. poi vediamo se gioconda mi affonda o meno.

    ma si possono fare le requests su questo blog?
    perchè io kach gradirei molto una tua recensione di "io non ricordo"... della serie: ti muovi a leggerlo?

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  2. non mettermi pressione, eh! le letture obbligate le devo già fare per gli esami...PIUTTOSTO perché non la scrivi tu una bella recensione e poi la mettiamo qui? Così vedo bene se vale veramente la pena di leggerlo questo famigerato libro...eh?

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  3. Cerco un recapito, email, tel, cel non importa di Margherita D'Amico, qualcuno mi può aiutare? Grazie davide gamba, circolodegliamici@gmail.com cel 3498282777

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