venerdì 14 agosto 2009

Marcovaldo, Italo Calvino, ed. Oscar Mondadori, 1995


Recensione in atto unico

– Cavolo. E adesso cosa faccio? Sapevo io che non dovevo mettermi a leggere i classici…

– Qual è il problema, scrivi la tua solita recensione accademica: eviti i rimorsi di coscienza e voilà!

– Stai scherzando, vero? Qualora non si fosse capito non sto mica recensendo Giordano, con tutto il rispetto. E poi ti ricordi Se una notte d’inverno un viaggiatore? Uno che scrive qualcosa del genere si merita comunque una recensione onesta.

– Tanto lo so già che cosa hai intenzione di scrivere.

– Ah sì? E cosa sarebbe?

– Lo sappiamo tutti e due che non hai il coraggio delle tue azioni e delle recensioni, quindi scriverai le solite storielle da antologia di prima media: un poetico libro per bambini, brevi storielle che seguono il mutare delle stagioni, un uomo – Marcovaldo – che lavora come manovale in una non meglio precisata ditta del nord, una famiglia tutto sommato numerosa e la capacità del protagonista di stupirsi di ogni piccolo mutamento della natura attorno a sé…

– Perché? Non è così? Marcovaldo è un libro decisamente poetico! Se proprio vogliamo dirlo, la contrapposizione che tutti vogliono vedere tra il linguaggio usato per descrivere la natura e quello riservato alla quotidianità abbrutente della città io lo trovo più che altro nell’accostamento delle situazioni: Marcovaldo che raccoglie funghi tra i binari del tram, facendosi largo tra la folla ignara, i cartelloni pubblicitari del cognac che si frappongono tra la famiglia e il cielo con le sue costellazioni… È già abbastanza per creare la tensione, mi pare. E poi, vogliamo parlare dell’inseguimento del gatto, grazie al quale Marcovaldo scopre la città dei gatti? E la piantina dell’ufficio, che fa crescere rigogliosa e riempie di attenzioni?

– Avanti, su, spara un’altra banalità!

– Vuoi la banalità? E se ti dicessi che secondo me quelli che dicono che sono storielle per bambini si sono bevuti il cervello?

– Mah, siamo appena agli inizi della presa di coscienza. Un buon inizio, forse, ma non è questo il punto. Sappiamo tutti e due cosa vorresti scrivere…

– Cosa sarebbe allora? Che Marcovaldo non è lontanamente paragonabile a Se una notte d’inverno un viaggiatore?

– Dai, un po’ di coraggio! È il 14 agosto, per la miseria, chi vuoi che legga la tua stramaledetta recensione?

– E sia! Marcovaldo non mi è piaciuto. Si legge volentieri, a tratti è piacevole, è ben scritto, è sapientemente ironico e i dialoghi dei bambini di Marcovaldo ne sono l’esempio migliore, ma non ci ho trovato nient’altro. E non riuscirete mai a spacciarmi Marcovaldo per un fine esteta, quando il più delle volte ci vedo solo un sempliciotto o il furbetto di quartiere nel miglior spirito italiano. Sarà il caldo, ma ‘sta recensione è andata così…!

– Oh, finalmente! Vedi, non era poi così difficile!

– Uhm, sì… Il prossimo anno però vado al mare, eh? (sussurrato) Maledetto…


lunedì 3 agosto 2009

Rauda Jamis, Frida Kahlo, trad. di Flavia Celotto, ed. TEA






Si te cuentan que me vieron muy borracha

orgullosamente diles que es por ti

porque yo tendré el valor de no negarlo

gritaré que por tu amor me estoy matando

y sabran que por tus besos me perdi...






Un bel ritratto di Frida Kahlo, pittrice e donna. Una biografia accompagnata da qualche fotografia in bianco e nero e da qualche estratto del diario personale di Frida. Quello che non ho capito è se le parti di diario presenti nel libro sono solo degli estratti o se è effettivamente la versione integrale del diario intervallata dalla narrazione biografica. Se si tratta di estratti, voglio assolutamente leggere la versione integrale del diario, perché, alla fine, è soltanto per quelle pagine che vale la pena di leggere questo libro. Il resto della biografia è scritto in uno stile un po' strano che spesso vuole essere divertente senza riuscirci. Spesso si dilunga in digressioni - per carità, utili per capire il contesto storico - ma la maggior parte delle volte superflue o scontate.
Si dà molto spazio al pre-Frida, alla vita dei genitori, proprio all'inizio quando si è ansiosi di iniziare a leggere la biografia dell'interessata e non quella dei genitori, e poi si glissa completamente su altre parti della vita della pittrice adulta. Non so che fonti abbia avuto questa scrittrice e non so neanche che tipo di fonti si debbano avere per essere autorizzati a scrivere una biografia, certo è che questo libro, se preso con le dovute pinze, è comunque un'ottima infarinatura generale che lascia intendere perfettamente da quale dolore e da quale tremenda passione sia scaturita la sua opera pittorica.
Da leggersi preferibilmente ascoltando un disco di Chavela Vargas.




"Vorrei essere ciò che ho voglia di essere - dietro il sipario della follia: mi occuperei dei fiori per tutto il giorno; dipingerei il dolore, l'amore e la tenerezza, riderei di tutto cuore dell'idiozia degli altri e tutti direbbero: poverina, è matta. (Soprattutto, riderei di me.) Costruirei un mondo che, finché vivessi, andrebbe d'accordo con tutti i mondi. Il giorno o l'ora o il minuto che vivrei sarebbe mio e di tutti. (...)

La rivoluzione è l'armonia della forma e del colore e tutto è e si muove sotto una legge: la vita. Nessuno si allontana da nessuno. Nessuno lotta per se stesso. Tutto è tutt'uno. L'angoscia, il dolore, il piacere e la morte non sono nient'altro che un processo per esistere. In questo processo la lotta rivoluzionaria è la porta aperta all'intelligenza.

Figlio amore. Scienza esatta. Volontà di resistere vivendo, gioia sana. Infinita gratitudine. Occhi nelle mani e tatto nello sguardo. Nettezza e tenerezza del frutto. Enorme colonna verbrale che è la base di tutta la struttura umana. Vedremo, impareremo. Ci sono sempre cose nuove. Sempre legate alle vecchie, vive. Accanto al mio Diego, il mi amore di migliaia di anni." Frida Kahlo