venerdì 17 aprile 2009

Un uomo che dorme, Georges Perec, trad. di Jean Talon, ed. Quodlibet Compagnia Extra, 2009



Hai venticinque anni e ventinove denti, tre camicie e otto calzini, qualche libro che non leggi più e qualche disco che non ascolti più. Sei seduto e vuoi soltanto aspettare.



Un giorno come un altro, uno studente universitario come un altro, il mattino dell'esame più importante, decide di non alzarsi. Non che non abbia sentito la sveglia, anzi, era già sveglio ancora prima che suonasse, però decide di non alzarsi. Un semplice gesto. O meglio, l'assenza di un gesto. Da qui parte il racconto della sua vita nell'inerzia totale. Iniziano i giorni del nulla. La mente s'annulla, la sensibilità, in qualche oscuro modo, si acuisce e tutto quello che prima passava sotto i suoi occhi senza che nemmeno se ne accorgesse, diventa improvvisamente irrompente. I bagliori, le visioni del dormiveglia, il vicino di casa che apre e chiude cassetti, i suoi raschiamenti di gola, la goccia del rubinetto che perde... Nella nuova vita vuota del nostro studente, appare improvvisamente quello che Perec chiamava l'infra-ordinario. I rumori di fondo, i gesti, le voci. E come se fosse un romanzo d'avventura, questo libriccino in cui di fatto non succede nulla, ci tiene inspiegabilmente sulle spine.

Il nostro studente è chiaramente depresso, qualcosa gli deve pur essere successo; ma non ce lo dice. Non c'è nessun tipo d'indagine psicologica, nessuna nevrosi nascosta, è semplicemente un ragazzo che si trova, un mattino, improvvisamente svuotato. Si aggira per le vie di Parigi come se stesse vivendo fra due parentesi, evita tutto e tutti, e con lo sguardo straniato di un turista si mette a guardare con altri occhi la sua stessa città. Noi, dal canto nostro, non possiamo fare a meno di seguirlo, avvinti, mentre legge - e ci fa leggere - tutto Le Monde senza stabilire nessuna gerarchia fra gli articoli; lo legge dall'inizio alla fine, inserzioni, cruciverba e ringraziamenti compresi. Addirittura ci viene da seguirlo, interessati, quando si mette a fare il giro delle statue equestri di Parigi...

Ci sta simpatico, questo apatico, perché ci chiediamo sempre che caspita gli frulli per la testa, e se potessimo chiederglielo veramente, lui probabilmente scrollerebbe le spalle e direbbe, niente.

Tutto il romanzo è scritto in seconda persona; è un "tu" che l'autore rivolge a se stesso, come se si stesse guardando "col senno di poi". È anche un "tu" accusatorio, che viene dall'alto e che giudica. Poi è un tu, lettore. Sei tu. Per questo ti prende.

Ti prende anche perché finalmente leggi di qualcuno che si ribella (nel personaggio c'è qualche reminiscenza di Bartleby scrivano, che a un certo punto viene anche citato abbastanza esplicitamente), qualcuno che "preferirebbe di no". Qualcuno che va contro l'idea di dover per forza diventare qualcuno. In una società che ti spinge a essere il massimo nel minor tempo possibile, dove solo le grandi catastrofi, l'anormale, il sorprendente fa notizia, c'è qualcuno che si riscopre normale, quotidiano, umano e non vuole a tutti i costi sforzarsi, calpestare gli altri, essere super energico, super attivo e scicchissimo in ogni momento.



Per un po' ci si esalta per questa silenziosa ribellione, per un po' si crede veramente che il tempo si sia fermato, ci si crede insieme a lui, quasi padroni di Parigi, della piccola mansarda, di se stessi e del mondo che non ci tocca più. Poi però anche Bartleby viene rinchiuso e muore da solo...
Allora usciamo dalla nostra tana, ci ri-entriamo, ci guardiamo in uno specchio incrinato, e finalmente capiamo.
Capiamo che non abbiamo imparato niente, che non abbiamo capito niente. Che l'indifferenza non ci ha reso differenti. Che il mondo non si è fermato, che, anzi, nemmeno ci aveva in nota.
Non possiamo dunque fare a meno di vederci nella nostra piccolezza, il nostro piccolo squallore.Ci guardiamo.
E sarebbe estremamente scortese, o addirittura impossibile, sottrarsi allo sguardo di se stessi (come a quello di una mucca, o dell'acqua)...

1 commento:

  1. Mi sembra molto bello questo libro, lo aggiungo alla lista dei desideri :) (Quando li leggerò poi tutti questi libri, non si sa). Grazie per l'ottima recensione!

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