sabato 27 giugno 2009

La sovrana lettrice (The Uncommon Reader), Alan Bennett, trad. di Monica Pavani, ed. Adelphi, 2007

Un incipit fulminante, un libro sobriamente elegante, perfetto nella sua umiltà, scritto con rispetto e irriverenza al tempo stesso, come solo Bennett sa fare. Non aspettatevi la risata facile o le battute gratuite contro la Corona, perché questo umorismo è uno dei migliori che la perfida Albione ci abbia mai regalato. Affascina senza essere stucchevole.

Tutto comincia una giornata come tante altre, mentre Sua Maestà torna, o meglio tenta di tornare, dalla consueta passeggiata in giardino con i propri cagnolini che, invece di lasciarsi guidare docilmente a palazzo, svoltano repentinamente l’angolo della residenza reale, dove la regina fa l’incontro destinato a cambiarle la vita: scopre una biblioteca ambulante. Proprio sul viottolo laterale del palazzo. Incuriosita, entra e vi scopre il bibliotecario e un unico lettore, che le consiglia il primo libro. Norman Seakins diventa così il consigliere della regina in materia di letteratura e autori, contemporanei e non, scatenando una sete di libri che rivoluzionerà le abitudini a corte: Elisabetta II comincia a ritagliarsi ogni possibile spazio per soddisfare la sua ossessione, a scapito degli incontri con delegati e funzionari esteri e di tediose inaugurazioni di scuole e ospedali sparsi per il Paese.

Le sue nuove abitudini, però, ancorché innocue e addirittura incoraggiate in persone comuni, non sono affatto ben viste dal suo entourage e in primis dal consorte, ormai costretto ad aspettarla per svariati minuti in carrozza all’ennesimo libro dimenticato a palazzo. La situazione diventa ben presto insostenibile, tanto più che la sovrana rivoluziona anche i temi di conversazione classici, tempestando i propri ignari ministri di scomodi interrogativi su Proust o altri autori che ai loro orecchi dicono ben poco. Seakins viene allontanato da corte con un intrigo da guerra fredda, ma con ammirevole costanza la regina infarcisce i propri discorsi (perfino natalizi) di preziose citazioni letterarie, che diventano presto una fonte di preoccupazione a livello nazionale.

Man mano che la regina avanza lungo l’edificante via dell’educazione letteraria, comincia a prendere sempre più appunti e a raccogliere sempre più annotazioni sugli autori letti, conducendo chi legge fino al colpo di scena delle ultime righe, che decidono le sorti del Commonwealth.

Non può non colpire del libro il misto di commiserazione per il trattamento a cui lo status di monarca costringe la lettrice e l’ammirazione per la sua perseveranza e la coerenza delle scelte. Ma nemmeno la leggerezza con cui Bennett potrebbe scrivere di qualsiasi altro Common Reader dei giorni nostri, meravigliandosi di come riesca sempre a nascondere qualche tomo dietro i cuscini della carrozza reale in attesa di varare la prossima nave.

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