martedì 19 maggio 2009

La zia marchesa, Simonetta Agnello Hornby, ed. Feltrinelli, 2006

Mi ero accinto alla lettura de La zia marchesa dopo avere apprezzato La mennulara, di cui mi aveva sorpreso l’armonioso accostamento dell’elemento giallo ai tratti caratteristici del romanzo di costume. Fin dalle prime pagine, però, ho capito che stavolta sarebbe prevalsa quest’ultima componente che – almeno ai miei occhi – toglie vivacità all’intreccio e rende la lettura molto meno scorrevole (leggasi infinita).

Intendiamoci, si tratta pur sempre di un romanzo curato fino ai minimi dettagli, in cui ogni pagina trasuda un’attenzione particolare per la ricostruzione storica della società siciliana a cavallo tra Ottocento e Novecento. Un’epoca di rivoluzioni storiche e soprattutto sociali, sapientemente descritte dalla Agnello Hornby attraverso la storia della famiglia Safamita. Un casato nobiliare di un paesino siciliano che lotta per non essere inghiottito dalla storia e dalla decadenza delle istituzioni legate alle monarchia. Come nel già citato La mennulara, l’autrice pone al centro dell’intreccio una donna, che in questo libro porta il nome di Costanza Safamita, che si trova a dover risollevare le sorti del proprio casato, minacciate dall’imprudenza dei fratelli. Pagina dopo pagina, la giovane Costanza acquista sempre maggiore determinazione e spessore, adattandosi alla mondanità di Palermo, all’infedeltà del marito e ai repentini cambiamenti di potere all’interno dei feudi Safamita, fino a dimostrare la piena maturità e l’equilibrio raggiunti nel corso degli anni.

Peccato che la mia insofferenza nei confronti dei romanzi in stile Ottocento mi abbia reso la lettura a tratti fastidiosa. Ho comunque apprezzato i proverbi popolari in siciliano ad aprire ogni capitolo (consiglio vivamente la consulenza di un madrelingua per chi non abbia dimestichezza con il dialetto in questione)! Credo che ultimamente si stia abusando del dialetto in generale per rendere magari più interessante un romanzo altrimenti piatto, ma la Agnello Hornby ha decisamente dello stile nell’usarlo, e a chi ha stile sono disposto a perdonare tutto.

Peccato davvero per un romanzo ben curato che piace indubbiamente a molti, ma che non ha incontrato i miei gusti.



Nessun commento:

Posta un commento