giovedì 9 luglio 2009

Cuanta pasión!, Giulia Alberico, Mondadori Strade Blu, 2009


Ho almeno una decina, ma proprio una decina, non scherzo, di libri sul comodino che aspettano di essere letti. Naturalmente tutti sono già stati più o meno assaggiati, sfogliati un po’, macchiati di caffè e poi riposti lì, in attesa del momento giusto per leggerli definitivamente. Allora perché ogni tanto mi prende il bisogno di infilarmi in libreria e comprare altri libri, ancora libri? Non saprei dirlo. Quello che posso dire è che qualche mese fa avevo sentito su Fahrenheit l’intervista a Giulia Alberico (http://www.radio.rai.it/radio3/fahrenheit/mostra_evento.cfm?Q_EV_ID=277584 ) e dato che mi aveva molto colpito quello che aveva detto, mi ero riproposta di leggere il suo libro. Ecco e ieri, mentre camminavo in Corso Italia, ho sentito proprio il bisogno di leggere quel libro. Non so perché proprio ieri e perché proprio quel libro. Ma sentivo che ieri ero proprio motivata per quella e solo quella lettura. Sono entrata in libreria e il commesso mi ha detto che non tenevano libri in spagnolo, io ho cercato di spiegargli che solo il titolo era in spagnolo ma che il resto era in italiano, ma niente. Allora sono andata io a scartabellare tra gli scaffali e naturalmente l’ho trovato. L’ho letto tutto d’un fiato in quattro ore di treno.

L’ho trovato un libro molto interessante che ha confermato l’ottima opinione che mi ero fatta dell’autrice, sentendo l’intervista. È un resconto a tratti tenero, a tratti drammatico, di trentadue anni d’insegnamento nella scuola pubblica italiana. Un libro che a ben pensarci, potrebbe essere stato scritto anche da una o due delle mie professoresse del liceo, pieno di passione per la letteratura e soprattutto per l’insegnamento. Bellissimi racconti d’empatia e di aiuto reciproco fra studenti e professoressa, per gli amici professoré. Tragiche gallerie di altri personaggi inquietanti che popolano la scuola e stanno dalla parte della cattedra, presidi degne della Santa Inquisizione e presidi schizofreniche degne di Marilyn Monroe, bidelli forzuti e genitori insopportabili. Sono storie di alunni speciali, forse un po’ fuori dal comune, quelli più inquieti, quelli più difficili, quelli che poi rappresentano le storie di tutti.
Particolarmente emozionante la storia di Jenny Joseph, e poi la storia degli attaccapanni, e quella di quella seconda B di buzzurri, burini scalmanati e future veline che alla fine si emozionano come bambini quando vedono la neve… Fanno per correre verso il balcone, quando una ragazzina mi chiede “Possiamo, prof?”. Sorrido e loro si affollano contro i vetri, sembrano uno stormo di passeri: ridono e danno esclamazioni di gioia stupita. Aprono le finestre, escono sul lungo balcone e con le mani acchiappano i fiocchi, li mangiano, ridono, saltano. Sono bellissimi. È stupefacente! Sembrano dei rozzi e poi si incantano per la neve. Resto in silenzio e li osservo, sono pieni di anima. Si vede. E io capisco che verso di loro insieme all’odio vero dei giorni andati ho pure questo moto d’amore altrettanto vero. E tengo insieme tutto.

Il libro si conclude poi con una disamina amara della situazione attuale della scuola pubblica e con un lungimirante discorso di Pietro Calamandrei dell’11 febbraio 1950 (!!) tuttora di sconcertante attualità.
Per fortuna che esistono ancora i professori così, capaci di rendere le scuole dei veri luoghi di formazione, oltre che di informazione, capaci di far pensare, riflettere, creare un pensiero critico. Per fortuna che c’è ancora qualcuno in grado di non accettare le cose e di lottare contro questo stramaledetto e sempre più diffuso pensiero elementare.

1 commento:

  1. Leggo queste parole, tanto gentili e positive, non posso non ringraziare. Di cuore.
    Giulia Alberico

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