sabato 18 luglio 2009

Miguilim, João Guimarães Rosa, trad. Edoardo Bizzarri, Feltrinelli, 2007

Às vezes, quase sempre, um livro é maior que a gente.
A volte, quasi sempre, un libro è più grande di noi.



Miguilim è un libro di una dolcezza sconcertante. È un mondo intero visto attraverso gli occhi di un bambino che si chiama con un diminutivo, Miguilim, che già dal nome sembra piccolino, fragile, instabile... Inizia il libro in uno stato di pura ingenuità, non conosce bene il mondo, non capisce gli adulti, si limita a giocare e gioca soprattutto col fratellino Dito. Dito, pur essendo più piccolo, è molto più saggio di Miguilim; ha un particolare equilibrio, sa le cose in anticipo, non ha bisogno di chiederle, si dà risposte da solo e pensa molto. C'è sempre Dito quando Miguilim è in difficoltà, quando a Miguilim vengono delle domande a cui nessun altro avrebbe voglia di rispondere.
Se Dito fosse ancora in casa, cosa avrebbe pensato Dito? Dito diceva che bisognava essere sempre pieni di allegria, allegri per dentro, qualsiasi cosa di brutto accadesse, allegri nel profondo. Era possibile? Allegria era vivere piano piano, minutamente, non prendersela molto per nessuna cosa.

Miguilim è anche amico di zio Terêz, l'unico adulto con cui riesce a parlare e con cui riesce a identificarsi. Quando lo zio viene cacciato da casa, lui non capisce, non se ne capacita, ma alla fine è pur sempre un bambino; non ci pensa.
Ma poi quando lo zio Terêz lo incontra per caso e gli chiede di consegnare quel biglietto alla mamma, allora sì che è preso dall'angoscia. L'angoscia di tradire l'amicizia che lo lega allo zio, l'angoscia di fare qualcosa contro il padre, qualcosa che possa far male alla sua famiglia. È la sua prima prova generale per diventare grande e fallisce. Il biglietto non lo consegnerà e quel rifiuto sarà il suo primo rifiuto di crescere, di prendere decisioni contro la famiglia e da solo (non poteva nemmeno confidarlo a Dito...).
La sua famiglia è il primo microcosmo con cui Miguilim entra in contatto e gli si presenta subito come qualcosa di incomprensibile. I componenti della famiglia non sono facilmente classificabili, neanche il lettore riesce a giudicarli per bene, perché è tutto sempre filtrato dall'occhio di Miguilim che vede il padre aggressivo, picchiarlo, prenderlo a cinghiate, liberare tutti i suoi uccellini, rompere i suoi giochi; ma è lo stesso padre che poi piange disperatamente quando Miguilim s'ammala, lo stesso che sella il cavallo e parte a cercare le arance in piena estate perché a Miguelim viene un disperato desiderio di arance durante la malattia.
La mamma, invece, è sempre molto dolce, affettuosa; è sempre circondata da un'atmosfera quasi divina e materna di gentilezza e di grazia. La immagino sempre vestita di bianco. Ma è anche una madre debole, che non lo sa difendere a dovere quando il padre se la prende con lui; è remissiva, piange sempre.

Infine la miopia di Miguilim è altamente simbolica, simbolizza la difficoltà d'integrarsi nel mondo e la difficoltà di distinguere nettamente le cose. Si curerà, infatti, solo con l'arrivo del dottor José Lourenço, che non a caso arriva per portarlo via, o meglio, per guidarlo verso la sua nuova vita, la sua nuova identità. Viene a fare da tramite per il distacco dalla famiglia; è il momento in cui Miguilim cresce e con un sussulto del cuore, chiede gli occhiali per rivedere bene, un'ultima volta, tutti i volti che ama, per poi partire per Curvelo o per chissà dove.
C'è infatti il viaggio ad aprire e a chiudere il racconto, ma che alla fine non rappresenta un vero finale, un desfecho. È piuttosto un nuovo inizio. Uscire dal Mutúm implica rompere lo spazio chiuso che delimita lo sguardo dell'infanzia, accedere all'indipendenza tanto vagheggiata, ma è anche un distaccarsi da quello che aveva amato fino ad allora, una specie di morte interiore per accedere a una nuova vita ancora tutta da definirsi.

2 commenti:

  1. sai, leggendo il tuo post mi sono accorta che la parola "desfecho" è molto bella. Perché è come una chiusura che non chiude, a causa del prefisso "des".
    E poi Miguelin è uno dei miei personaggi preferiti...
    un abbraccio
    Raquel

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  2. (:
    pensa che io l'ho imparata grazie a una canzone...
    Que fazer? meu pensamento está preso àquele carnavaaal, volto a pisar este chão, enceno um drama banal,tento refazer a trama, mas o desfecho é igual... E vocêêê? Será que canta calada aquele frevo axé.......

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