venerdì 10 luglio 2009

Paolo Giordano, La solitudine dei numeri primi, ed. Mondadori, 2008

Ammetto che ero abbastanza prevenuto nei confronti di Giordano, come mi succede quasi sempre di fronte ad autori che tutte le testate fanno a gara a pubblicizzare come la rivelazione dell’anno o a bestseller di cui tutti i tuoi amici non smettono di parlare. Ma fortunatamente questa volta sono stato smentito, almeno parzialmente. Non sarà sicuramente un libro che infonde tranquillità e joie de vivre ad ogni pagina ma, checché se ne dica, il lettore si trova davanti a un libro ben scritto, ma soprattutto ben strutturato e calcolato, non necessariamente nel senso peggiore del termine. Perché anche se certi passaggi fanno di tutto per ammiccare a un pubblico il più ampio possibile, è evidente che Giordano non lascia nulla al caso. A partire dal titolo, che rispecchia perfettamente la vita dei due protagonisti, Alice e Mattia, nel loro essere parte di un mondo diverso e impenetrabile.

All’inizio del libro Alice è una bambina che suo padre costringe a prendere lezioni di sci mentre lei rimarrebbe volentieri al caldo, nella sicurezza delle solite quattro mura. E che un giorno si ritrova a valle, ancora con gli sci addosso, senza potersi muovere o chiamare aiuto. Mattia è un ragazzino con una sorella disabile che inevitabilmente finisce per avvertire come un ostacolo verso una vita normale. Un giorno decide di lasciarla in un bosco per un paio d’ore per poter andare, da solo, alla festa di un suo compagno di classe. Non si rivedranno più.

Il vero protagonista del romanzo è quello che viene definito più volte “il peso delle conseguenze”. L’invisibile successione di causa ed effetto che condiziona le vite dei due ragazzini fino all’età adulta. Quello che sorprende è la profonda normalità di Alice e Matteo, due persone come tante altre, che subiscono a distanza di anni un loro errore o il peso dei condizionamenti, fino a diventare irriconoscibili. Mentre fra di loro si dipana un universo di complicità fatta di silenzi e comprensione. Il tutto con una simmetricità che rende la lettura molto piacevole e mai veramente banale.

Uno degli aspetti migliori è appunto la capacità di Giordano di non scadere mai nei giudizi morali o nella facile categorizzazione: i problemi che affronta nel romanzo sono sempre accennati, quanto basta per essere compresi ma non tanto da apparire scontati. D’altronde, sarebbe impensabile trovare una persona che definisca il romanzo come un libro che parla di anoressia o di disabilità mentale, perché in fondo l’obiettivo di Giordano è semplicemente raccontare la storia di due ragazzi con un taglio accattivante. E se devo essere sincero, per me ci è riuscito.

Se proprio devo fare una critica, forse Alice e Mattia sono talmente protagonisti del libro che non lasciano spazio agli altri personaggi, soprattutto marginali: a parte il migliore amico di mattia, Denis, ben caratterizzato ma che sparisce abbastanza presto nel libro, personaggi come Alberto, il collega di Mattia, il padre mai nominato di Alice o anche Viola, la sua compagna di classe, risultano abbastanza piatti e un po’ troppo schematici se non trasparenti. Altri, come Nadia, la ragazza con cui Mattia ha una storia, forse non sono nemmeno necessari. Ma per il resto mi sembra che il libro si tenga insieme molto bene.

Non mi resta che attendere con ansia le critiche dei lettori del blog e soprattutto il prossimo libro, sperando sia all’altezza di questo.

2 commenti:

  1. d'accordissimo in ogni singola virgola..
    finalmente trovo una persona che non deve andare controcorrente a tutti i costi e che di fronte alla semplice bellezza, vi si abbandona e la dichiara apertamente, anche se ciò significa omologarsi.
    complimenti per la recensione!

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