sabato 30 maggio 2009

L’eleganza del riccio, Muriel Barbery, trad. di Emanuelle Caillat e Cinzia Poli, ed. e/o, 2007

Dopo avere letteralmente divorato questo libro in poco più di 24 ore, mi apprestavo a recensirlo, quando all’ultimo minuto ho deciso di far passare qualche giorno per chiarire un punto di fondamentale importanza che avrebbe potuto pregiudicare l’obiettività dell’intervento: perché siamo di fronte a un romanzo stupendo?

A ben vedere, la trama è essenziale – per forza di cose deludente per chiunque si aspetti un intreccio avviluppato e una narrazione ricca di colpi di scena – e lo stile della Barbery non brilla per brio e originalità. E in effetti non è sicuramente questo il motivo principale che ha reso questo libro un bestseller.

Si potrebbe anche accusare l’autrice – docente universitaria di filosofia – di snobismo letterario e, ovviamente, filosofico. E anche qui non si sarebbe lontani dal vero, dal momento che molte digressioni sul pensiero di Guglielmo d’Occam – giusto per fare un esempio fra tutti – non sembrano aggiungere nulla alla trama.

Ci si potrebbe, infine, spingere fino ad accusare la Barbery di idealismo romantico a buon mercato, visto che nel mondo reale una portinaia è e rimarrà sempre una portinaia che si preoccuperà di più dello stufato sul fuoco che non del cinema giapponese contemporaneo; e una bambina non mediterebbe di suicidarsi per reagire al nichilismo borghese di cui è circondata, ma rimarrebbe fedele alle occupazioni di qualsiasi altra sua coetanea.

Eppure, niente di tutto questo riesce a sminuire la portata di un romanzo a tratti commovente, la cui bellezza forse sta proprio nell’utopia di persone apparentemente normali, perfettamente inquadrabili nel proprio ruolo sociale e definibili secondo immutabili stereotipi millenari, che improvvisamente rivelano di essere in realtà impenetrabili dall’esterno, sfuggendo a ogni facile categorizzazione. Ed è in quel momento che il resto del mondo, che prima sembrava l’unica realtà ad avere un senso, un ordine indiscusso, viene smascherato nella sua fragilità, si scopre vuoto e incapace di conoscere. O forse, meglio ancora, non si scopre affatto vuoto, ma continua a credere di avere la chiave della conoscenza, mentre il Lettore soltanto, nella sua piccola portineria isolata, comprende veramente per cosa vale la pena di vivere. Attraverso i pensieri di una portinaia, di una bambina dodicenne e di un regista giapponese che ascolta il Confutatis mentre espleta le sue funzioni fisiologiche.

So di non essere ancora riuscito a motivare il mio entusiasmo, e probabilmente non ci riuscirò nemmeno, ma se vi ho almeno incuriositi dategli una possibilità e godetevi un romanzo che nella peggiore delle ipotesi vi darà da pensare.

3 commenti:

  1. Sottoscrivo assolutamente!
    L'unica cosa che aggiungerei è che secondo me lo stile della Barbery non è poi così neutro... cioè è molto brava a variare di registro quando parla la bambina e quando parla la portinaia, tant'è che nella traduzione in italiano, le due parti sono state assegnate a due traduttrici diverse. Secondo me, invece, è proprio in qualcosa (non so bene cosa) del suo stile il magnetismo di questo libro. L'ho letto un po' di tempo fa ormai, (e anch'io tutto d'un fiato) ma mi sembra di ricordare un vero e proprio piacere estetico nella lettura... cioè perché uno stile sia originale, alla fine, non è che debba essere per forza sovversivo, che ne so, senza punteggiatura o cose del genere, certo non è niente di rivoluzionario, ma insomma ci sa fare, la ragazza.
    Per il resto, è vero, è ben difficile spiegare perché si tratta di un libro stupendo. E' uno sguardo poetico sul mondo, mi ricordo che dopo averlo letto mi veniva da fare attenzione alla bellezza di tutti i movimenti del mondo... forse ti aiuta a ri-percepire la "poeticità" anche dove a volte ci scordiamo di cercarla. Poi c'è l'idea geniale dei "pensieri profondi", del diario, che poi, alla fin fine, non è neanche così geniale...a riprova del fatto che il nuovo non esiste, è sempre lo stesso mondo, sono sempre le stesse storie, ma gli occhi sono altri. E il tutto scritto con una certa "eleganza"!
    Pensée profonde n° 1
    Poursuivre les étoiles
    dans le bocal à poissons
    rouges...
    p.s. Non leggere Une Gourmandise, il suo primo libro, perché non regge dopo aver letto l'Eleganza...proiettiamoci nel futuro e speriamo nel prossimo!

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  2. è talmente bello questo libro che lo sto leggendo da quasi due anni e non l'ho ancora finito!

    Noiosooooooooooo!!

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  3. Sere perchè non ti ho ascolta???? mannaggia a me che ho letto une gourmandise, mi sono imposta di finirlo, ma assolutamente non c'è paragone tra i due!

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